Secondo una recente indagine di AIC Lombardia Onlus su un campione di ragazzi tra i 12-18 anni, per il 48% dei giovani la celiachia è limitante per lo sviluppo di una normale vita sociale mentre per il 24% rappresenta addirittura un ostacolo. Se ne deduce che la diagnosi di celiachia in fase adolescenziale può minare un periodo già delicato con importanti conseguenze sulla vita sociale e personale. Per questo motivo risulta fondamentale supportare i giovani celiaci che, secondo le proiezioni ipotetiche del Ministero della Salute, sono oltre 34mila in Italia (5.650 solo in Lombardia) fornendo informazioni utili per convivere con la celiachia attraverso servizi di consulenza nutrizionale e progetti dedicati come “La celiachia per i giovani”, candidato da AIC Lombardia Onlus all’Aviva Community Fund.
“Sono numerosi i celiaci che al momento della diagnosi non hanno un colloquio con dietisti o nutrizionisti dovendo così affrontare in autonomia il cambiamento delle proprie abitudini alimentari”, spiega Elena Sironi, responsabile AFC (Alimentazione Fuori Casa) di AIC Lombardia Onlus. “Il bisogno dei giovani celiaci di essere adeguatamente informati e monitorati rispetto alla loro dieta senza glutine c’è ed è forte anche perché più del 60% delle strutture ricettive aderenti al network AFC sono ristoranti e non locali frequentati abitualmente da giovani come pub, creperie, piadinerie e fast food”.
A confermare la disomogeneità d’informazione e follow-up nutrizionale, i dati raccolti da Aic Lombardia Onlus in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano sulle abitudini alimentari dei celiaci di età compresa tra 2-18 anni che evidenziano che circa il 25% del campione non ha mai ricevuto la valutazione dello stato nutrizionale, fondamentale per fornire un quadro generale sull’introduzione, l’assorbimento e l’utilizzo dei nutrienti. Percentuale che si alza sensibilmente se si considera il campione di preadolescenti e adolescenti (12-18 anni) analizzato nel 2018 da Aic Lombardia Onlus, dal quale emerge che il 42% non ha mai ricevuto una valutazione nutrizionale mentre il 35% solo alla diagnosi, senza follow-up.
Per rispondere alla richiesta dei celiaci di avere un flusso di informazioni continuo e personalizzato, AIC Lombardia Onlus mette a disposizione dei soci un servizio di counseling nutrizionale, in sede e online, con esperti pronti a fornire consigli su misura per i celiaci che desiderano conciliare una corretta alimentazione gluten free con una dieta povera di zuccheri o di colesterolo, con altre intolleranze o con un particolare regime alimentare etico o religioso. In particolare, per i giovani è stato pensato un progetto ad hoc in grado di interpretare le necessità degli adolescenti promuovendo la cultura gluten free 2.0 sui canali preferiti dai ragazzi.
“Il progetto La celiachia per i giovani, nell’ambito dell’Aviva Community Fund, si rivolge in particolare ai ragazzi tra gli 11 e i 18 anni”, prosegue Elena Sironi. “L’obiettivo è potenziare il supporto ai giovani sviluppando consigli nutrizionali e ricette mirate da promuovere online e amplificare i messaggi di sensibilizzazione sulla celiachia e la dieta senza glutine attraverso i canali social con l’aiuto di youtuber”.
I progetti candidati all’Aviva Community Fund, l’iniziativa promossa da Aviva a sostegno delle organizzazioni non profit attive sul territorio, possono essere votati fino al 7 maggio e i finalisti saranno annunciati il 15 maggio 2019. I vincitori, scelti da una giuria selezionata, riceveranno un premio in denaro da investire nello sviluppo del progetto. Per votare il progetto candidato da AIC Lombardia Onlus, clicca qui.
Non pensavo che la situazione per i celiaci fosse così drastica. Già l’adolescenza è un periodo delicato, se ci aggiungiamo anche i limiti di questo tipo imposti dalla società non ne andiamo fuori. Non so come sia la situazione negli altri stati e se la problematica riguarda solo i giovani italiani ma spero vivamente potremmo fare un passo in avanti verso queste nuove necessità!
In realtà l’Italia è uno dei Paesi più evoluti. Più bravi ancora ci sono solo gli spagnoli. In tanti altri Stati non ci sono garanzie contro la contaminazione… in alcuni non è per niente conosciuta come malattia (come in Grecia o in Albania)